VII PASSO
La fedeltà
Puntate precedenti
Di Ylenia Fiorenza
Se la rinuncia a potere, come abbiamo visto nel passo precedente, nasce e si sviluppa in tutto il suo valore dentro la forza di resistere a ciò che è contrario al volere di Dio, la fedeltà non è altro che il profumo di un amore pienamente testimoniato. C’è questo versetto del salmo 25, in particolare, che può fornirci maggiormente la limpidezza della fedeltà: “Tutti i sentieri di Dio sono amore fedele per quanti custodiscono il suo patto”. Ecco, allora come la fedeltà concerne il “custodire”.
Essere fedeli significa custodire l’alleanza con Dio, crederci fino in fondo, e sentire di appartenere a quei sentieri d’amore che Lui traccia per la nostra felicità. E il percorrerli richiede veramente fedeltà, specie quando le scorciatoie appaiono come rimedi alla stanchezza o escamotage di scaltrezza per arrivare prima degli altri… Ma se pensiamo che in quel pezzo importante di storia, che sta proprio nel tratto di strada, che talvolta si preferisce evitare o disertare, perché si ha fretta, impazienza, paura della fatica che comporta, c’è invece la possibilità di scoprire le sorprese più impensabili da parte di Dio, allora varrebbe la pena marciarla per intero. E il papa Celestino V è icona di fedeltà alla missione che Dio gli affidò in cuore. Se guardiamo attentamente questa parola, densa di significato, vediamo che “fedeltà” sembra straordinariamente contenere la fusione di due termini e cioè: fiducia e libertà. Fiducia, dunque, in Dio e Libertà nella propria coscienza. Chi resta fermo nella fede, sorgente di gioia, in quanto essa ci fa partecipare alla scienza di Cristo e ci dona la luce della verità, diviene fedele sempre più alla propria appartenenza e al proprio credo. E Celestino V sapeva bene che il premio assicurato da questa fede/fedeltà non era altro che la salvezza. Un titolo di lode o di gloria da parte del mondo non avrebbe potuto dare la santità alla sua anima, né fargli sentire il profumo del seme che, in germe, racchiude e custodisce già la messe futura. Ma anzi il plauso del mondo avrebbe sicuramente diminuito e assottigliato la sua purezza e la sua fedeltà a Dio.
La più dolce attitudine dell’anima, di fronte alla rivelazione del disegno divino, nonché alla chiamata di consacrazione al Signore, è la fedeltà, la predisposizione a seguirLo e a dare tutto il proprio essere al compimento della Sua volontà. E fermandoci a considerare ancora quel germe, percepiamo allora che esso in sé porta la morte al peccato e la vita per Dio. Qui la fedeltà diviene il sacramento dell’alleanza divina e della adesione cristiana alla santificazione, alla libertà nello Spirito Santo. E’ per mezzo della fedeltà che diventiamo gli alleati di Dio, come operatori di pace, di misericordia, di verità nel mondo. Nella fedeltà ci è conferito lo splendore della Trinità, che ha presieduto alla nostra creazione e ci invita continuamente a rinascere a vita nuova. Tale è la grandezza che la fedeltà può generare in noi, per essere purificati da ogni tentazione, da ogni timore, da ogni tedio di fronte al mistero di quel sentiero che si apre davanti a noi, come orizzonte da esplorare da cima a fondo, senza tralasciare nulla. E incorporandoci a Cristo, come Celestino V, gioiosi di segnare con la propria fedeltà a Lui l’alba vivente della Sua gloria, notiamo, invece, che l’infedeltà uccide nell’anima la vita divina, spezzando il legame che il Signore vuole restringere sempre più con noi. Infedeltà è allontanarsi da Dio e dalla vita; è perdere la libertà per stringere patti con la schiavitù del peccato.
Chi sta nella infedeltà è nemico della propria anima, perché, gettandosi a capo fitto nella selva delle scorciatoie, in realtà, sfida la provvidenza divina fino a precipitare negli abissi della perdizione. E non avendo in sé la visione della beatitudine finale, mette un ostacolo all’azione salvifica a tal punto da saziare i propri giorni con illusioni e pianti di disperazione. Fedeltà è libertà perché chi non tradisce il proprio cuore e lo segue ovunque, come ha ben scolpito Mons. Giancarlo Bregantini nella sua Lettera: “Celestino V era un uomo che credeva fortemente nella libertà, altrimenti non avrebbe rinunciato al potere del papato! Nonostante fosse stato chiamato a dare stabilità alla Chiesa in quel periodo, non rinunciò alla sua libertà! Questa è la storia della sua tenacia e di come conquistò quella libertà che lui cercava, a cui apparteneva: essere libero nel cuore ad ogni costo. Proprio come un graffito scritto sulla parete della sua grotta, il bisogno di sentirsi libero gli procurò la forza di volontà che lo ha aiutato a ribellarsi alle avversità, al potere, e a credere saldamente nel sogno di santità. Non ha mai perso le speranze ed ha continuato ad avere cura della sua libertà. La sua vita era piuttosto semplice, fatta di povertà, ma ritenne la sua libertà la sua più grande ricchezza, e l'unica cosa che possedeva era sicuramente la sua dignità.” Parole che emanano profondità d’amore dentro lacrime che si elevano come preghiere in quanto donate al cuore di Dio, che, gettate nel fuoco del suo amore, come grani d’incenso, avvolgono di soavità tutta la propria storia.
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