“ALCUNE POVERE FASCE E UNA MONTAGNA DI TENEREZZA”
MESSAGGIO DI NATALE
di Mons. Giancarlo Maria Bregantini
Arcivescovo di Campobasso - Bojano
vi scrivo in occasione del Santo Natale, per porgervi uno ad
uno i miei più affettuosi auguri.
Traggo spunto dalla meravigliosa esperienza dell’Udienza vissuta
con Papa Francesco a Roma il 18 dicembre. Da subito esprimo il mio grazie per
la fattiva unitaria collaborazione che l’evento ha registrato in tutte le
parrocchie. Grazie di vero cuore per quello che hanno è stato fatto, ai sacerdoti, insieme all’Ufficio Diocesano
Pellegrinaggi, per la bella riuscita del Pellegrinaggio, sia in termini
numerici che contenutistici.
E’ stata una giornata meravigliosa, non solo per il bel
tempo che ci ha accompagnato. Abbiamo tutti imparato grandi cose, nell’ascolto
delle parole del Papa, ma ancor più per la forza dei suoi segni profetici, che
riassumo per voi in questa mia lettera di Natale.
L’udienza di Papa Francesco trasmette un preciso messaggio
che vale non solo per chi ha la fortuna di stare in piazza san Pietro, ma la
sua forza profetica incide nel cuore di tutti. Nel mio cuore in particolare ha
lasciato queste tre precise risonanze che vi trasmetto.
a.
Il Papa è arrivato in piazza un’ora prima
dell’Udienza e si è immerso silenziosamente tra la folla. E’ un incontro
rivitalizzante, atteso, che lascia nel cuore una grandissima gioia. E’ fatto
con grande semplicità però, senza ostentazione, in un bisogno reciproco di
dialogo tra il pastore e le sue pecore. L’incontro crea l’odore delle pecore e
le pecore ascoltano la voce del pastore.
Questo incontro mi ha fatto balenare tutto il contenuto della “Evangelii
Gaudium” con un monito preciso per le nostre parrocchie, per i sacerdoti in
particolare. Prima di recarsi in Chiesa è necessario immergersi nei problemi
della gente, ascoltarne il grido, sentirne l’odore. E’ urgente che la liturgia
nelle parrocchie sia più sintonizzata sui drammi del nostro popolo. Per questo
è sempre più importante dedicare molto tempo alle confessioni e all’ascolto
della gente per trasmettere la misericordia del Padre e riconoscerci figli. Per
questo motivo è poi bello visitare le case e le scuole, creare i cenacoli del
vangelo nei luoghi più significativi, fermarsi ai cancelli dell’aziende e delle
stalle, incontrare gli ammalati, dialogare con gli uomini al bar e con i
giovani nei pub.
b.
Mi ha pure colpito la sobrietà delle sue parole
nella catechesi. Efficacissimo il messaggio ma rapido, essenziale, semplice. Il
Papa cioè non parla solo con il linguaggio verbale! Preferisce lanciare il suo
messaggio con il linguaggio non verbale, utilizzando cioè il linguaggio dei
segni, che tutti comprendono, anche i non udenti! E’ il linguaggio della
mano che stringe, dello sguardo che penetra, della carezza e del bacio ai
poveri e ai lontani.
Anche questo è stato per me un’esortazione. Ho compreso sempre più che
dobbiamo essere sobri nelle omelie, ma carichi di grande entusiasmo nel
trasmetterle, dedicando molto tempo alla loro preparazione nel silenzio della
preghiera, e poi utilizzando saggiamente i bei segni della liturgia, nella
gioia del canto, in una preghiera dei fedeli non copiata ma costruita dalla
comunità, con precisi riferimenti alla storia del nostro popolo. Cresca così
l’accoglienza e la cordialità del saluto iniziale e del mandato finale. I
fedeli sentano di essere partecipi, coinvolti, protagonisti, parte attiva anche
nel canto dell’assemblea e non solo dei cori. E’ il Natale che ci restituisce
il cuore di Dio, poiché il nostro Dio è
l’Emanuele cioè il Dio con noi, di cui le nostre comunità devono essere
segno concreto.
c.
Il tradizionale “bacia-mano”, è stato
estremamente essenziale, quasi sbrigativo anche con noi vescovi e con le varie
personalità, che si “aspettavano una adeguata considerazione”. Invece, una ben “più
grande considerazione” hanno trovato nel cuore di questo Papa gli ammalati e le
loro famiglie. Erano tanti quel giorno, ma disposti a ferro di cavallo in modo
che ciascuno potesse incontrare ed essere incontrato dal Papa. Mi sono
avvicinato anch’io per imparare questo suo stile di prossimità e di vicinanza
verso chi soffre. Ogni ammalato era incontrato, affettuosamente baciato,
risollevato. E con lui, le loro mamme che portano insieme il peso del calvario.
Monito anche questo per me e per noi, perché la fede divenga una montagna di
tenerezza. A questo proposito il Papa definisce così la grotta di Betlemme: “Maria è colei che sa trasformare una grotta
per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di
tenerezza”. (E.G. n.286).
Per concludere, mi piace fare un preciso riferimento di gratitudine per la Celebrazione pomeridiana all’altare della Confessione. Vedere circa tremila pellegrini (tra pullman e macchine private), con i loro bei foulard arancione, in una liturgia perfettamente guidata dai nostri seminaristi con la regia di don Moreno e gioiosamente animata dal coro diretto da don Giuseppe, essere contornato da circa trenta concelebranti … tutto questo mi ha regalato una commozione intensissima e ha riempito il mio cuore di gioia riconoscente. In quella celebrazione abbiamo opportunamente affidato al Signore il cammino dei cenacoli che si svolgono proprio attorno alla figura di san Pietro. Ci siamo sentiti confermati dalla sua fede e bagnati dalle sue lacrime, affidando al Signore la prossima “Marcia per la Pace”, alla quale vi invitiamo fortemente tutti il 31 dicembre con le vostre comunità.
Anche
la vita politica possa imparare da questo stile di Papa Francesco, per
creare un legame di maggior vicinanza con i problemi della gente, perché
tramite questa empatia tutti insieme possiamo trovare soluzioni operative,
specialmente davanti alla disoccupazione giovanile.
Per questo esprimiamo
la solidale vicinanza come chiesa locale a tutte le aziende in difficoltà,
specie alla GAM di Bojano, invitando però tutti i lavoratori a trovare
soluzioni di speranza tramite contratti di solidarietà.
Siamo vicini ai tanti
luoghi dove purtroppo si combatte nel mondo, perché la preghiera e la
riflessione sulla pace ottenga quello stesso dono che ha avuto l’offerta di sé
fatta da Mons. Bologna il 10 ottobre del ’43, nella logica del pastore che
offre la sua vita per le pecore.
Vi lascio il pensiero
finale: “Scopriamo sempre più la legge
profonda della realtà: la vita cresce e matura nella misura in cui la doniamo
per la vita degli altri. La missione, alla fin fine, è questa”. (E.G.
n.10).
Buon Natale a tutti
voi e alle vostre comunità con la Benedizione del Signore, grati del tempo che
ci dona e delle esperienze che ci regala.
Con
affetto di padre
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