X PASSO
L’Amore osato
Puntate precedenti:
I dieci passi della fedeltà
Vocazione e Formazione in Celestino V
La scelta preziosa di Celestino V
Come intravedere: lo sguardo interiore in San Pietro Celestino
La vita spirituale in San Pietro Celestino
Tentazione e preghiera in San Pietro Celestino
Celestino V: la rinuncia al potere
La fedeltà in San Pietro Celestino
San Celestino V: il perdono che rinnova e guarisce
Il Creato vibrazione del cuore di Dio
di Ylenia Fiorenza
Dire “amore” è sentire nell’immediato che si ama qualcuno o che qualcuno ci ama. Amore è l’unica parola che fa subito vibrare, sussultare, esultare, straripare di luce l’anima, nel momento in cui essa è pronunciata o ascoltata. Dire “amore” è dire vita, bellezza, unione, tutto ciò che di più alto e di profondo possa essere vissuto, percepito, sperimentato. Ogni persona è chiamata all’amore, ma ancor di più ad osare questo amore che è Dio in noi.
L’unico peccato che considera Dio è, infatti, la mancanza di amore, l’amore non osato, vale a dire non donato con tutta la propria anima. L’espressione “amore osato” include, quindi, il desiderio appassionato di Dio per l’umanità e insieme il mistero della Sua Gratuità infinita. Ostinazione di Dio: ecco cos’è l’amore osato! Dio è ostinato, non si arrende, è testardo, irremovibile, perseverante, gratuito nel Suo amarci, poiché la sua essenza d’amore è immutabile, inamovibile, indistruttibile, anche e addirittura di fronte alle nostre infedeltà, al nostro peccato. Perché Dio, essendo l’Amore, rimane con noi, unito a noi, al nostro cuore: quando soffriamo, odiamo, trasgrediamo, oltraggiamo, feriamo e respingiamo il Suo cuore, perché vuole che noi siamo fedeli alla nostra condizione umana, che è fatta di fragilità e di splendore. Questo è l’amore osato: amore che non si ferma a giudicare, ma ad accogliere comunque!
E il nostro San Celestino V questo ce lo ha trasmesso con quella sua forte testimonianza di umiltà, di obbedienza e di amore verso la Chiesa di Dio, quella stessa chiesa che lo perseguitò, che lo fece prigioniero, che lo privò di tutto fuorché della sua dignità di figlio di Dio e della Chiesa, amata e scelta da Dio stesso. Quando si smette di cercare il volto del Signore nel mondo, nei fratelli e nella Chiesa, e si abbandona la nostalgia dell’amore che salva e libera, qui il peccato insuperbisce fino ad iniettare il veleno del delirio di onnipotenza. Delirio che porta a sentirsi più forti di Dio e grandi, e capaci di fare a meno persino di Lui. Delirio che porta a volersi sostituire a Dio fino a credersi al di sopra di Lui! E questo, purtroppo, è possibile leggerlo nelle tante vicende di potere, dove gli uomini si affannano ad occupare i primi posti, a conquistare i troni della gloria del mondo, per comandare piuttosto che servire, ad assoggettare, a manipolare, ad usare, ad invadere, piuttosto che ad accogliere, a benedire, a voler il bene, ad agire con generosità evangelica. Qui dove la frenesia del potere dilaga e tutto depaupera con la sua avidità, occorre osare l’amore come Cristo, che è arrivato ad osarlo fino alla consumazione totale di Sé.
Ecco allora come Mons. GianCarlo Bregantini nella Lettera ai giovani con schiettezza ci mostra, infatti, che «il potere è la radice di tutti i problemi; che chi maneggia le briglie del potere non ha tempo per godersi la libertà perché si preoccupa soltanto di gestire affari e di incastrare ai vertici il proprio affanno. Ma il vertice dei potenti non ha la luce che ha invece l’altura dei liberi, di quanti possono guardare all’orizzonte col cuore e prendere il largo. Diceva, infatti, Goethe che ”Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo”.»
Osare l’amore contro l’egoismo, come San Celestino V, che perdendo tutto ciò che era del potere e della sua pesantezza, si ritrovò pienamente libero e lieto! E lo voglio immaginare in lacrime di liberazione, col sorriso scolpito in volto, mentre moriva in solitudine da prigioniero della superbia altrui, che è la peggiore delle miserie umane e morali, ma libero e baciato dalla santità, di cui il profumo ancora pervade la storia. Un amore osato come perdono, che ricostruisce la comunione spezzata dal peccato, e si configura come amore che abbraccia tutta la povertà e la trasfigura. Un amore osato che rivela la sete di Dio di entrare in contatto con noi, con tutto ciò che è in noi, vale a dire con quelle zone buie che spesso noi teniamo segrete e mute, ma pur sempre sanguinanti. Osare l’amore per dire al mondo che Dio è tenerezza, cioè l’eterno nostro Amante, che vuole rigenerare ogni relazione perduta o frantumata; che vuole trasformare la durezza del cuore che lo ignora, che lo sfida, che lo dimentica, e così sanare, recuperare, consolidare la bellezza dell’alleanza con Lui e in essa ritessere l’unità che splende di “principio”, per germogliare a quel sogno d’amore che Dio ha consegnato al nostro cuore perché lo realizzassimo amando. Osare l’amore per rafforzare, dunque, lo stupore della purezza e della verità, manifestando con lo sguardo di Dio all’altro la gioia che egli esiste per un amore osato, fino a perdonare tutti i nostri peccati, fino a patire e a sconfiggere la morte, per restituirci la luce eterna della beatitudine in Dio.
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LA VITA DEI GRUPPI, DELLE ASSOCIAZIONI E DEI MOVIMENTI DI FEDELI LAICI

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