COMUNICATO
STAMPA
8
Febbraio, Prima giornata
di preghiera e
riflessione contro la tratta delle persone, voluta da Papa Francesco
La Prima Giornata di preghiera contro la tratta delle persone,
voluta da papa Francesco, è stata
promossa dalle Unioni internazionali femminili e maschili dei Superiori e Superiore
Generali. In particolare dall'Usmi, Unione Superiore maggiori d'Italia e
da Talitha Kum, la Rete internazionale della vita consacrata contro la
tratta di persone. Domenica mattina, 8
febbraio, in tutte le parrocchie sono previste preghiere specifiche e sarà chiesta l'intercessione di Santa Bakhita. Di seguito la riflessione di S.E. mons. GianCarlo Bregantini, Presidente della Commissione CEI
per i Problemi Sociali, il Lavoro, Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato.
Creati l’uno
per l’altro
«La bellezza non ha che l’amore per
ammiratore. Essa è come un barlume preso in prestito al paradiso per illuminare
il mondo. E la donna, la sua presenza nella creazione, il suo grembo che porta
la vita, rappresenta il respiro del firmamento. Respiro che in più parti del
pianeta viene ancora terribilmente reciso dal traffico della violenza. La
giornata di oggi, infatti, è stata investita per la prima volta come la
“domenica al femminile”, in cui a livello mondiale si lotta contro la tratta
delle donne, lo sfruttamento, il maltrattamento su di esse. E’ un momento in
cui tutta l’umanità deve chiedere perdono per tutte quelle donne vittime di
abusi sessuali, rese “merce” di piacere, di dissolutezza. Ed è chiamata a
farlo, mettendo fine con maggior consapevolezza e decisione a questa
oppressione.
Il grido delle donne violate nella
loro innocenza è, assieme a quello dei bambini, quello più atroce che si eleva
dalla polvere di esistenze, di dignità schiacciate sotto il peso della
brutalità. La giornata mondiale contro la tratta delle donne non a caso
coincide oggi, otto febbraio, con la
festa di santa Giuseppina Bakhita,
schiava sudanese poi divenuta religiosa canossiana. Era una bellissima ragazza,
sudanese, nata nella tribolata regione del Darfur. Rapita da trafficanti di
schiavi, venne venduta a feroci padroni, fin dall’età di nove anni, per essere
poi rivenduta ad altri padroni, in una serie impressionante di sevizie e
maltrattamenti. Finalmente, per vie misteriose, fu condotta a Venezia e qui, in
aiuto ad una famiglia veneta, paterna ed amabile, ebbe la grazi di conoscere la
fede cristiana e di seguire anche la vocazione religiosa, facendosi religiosa
nella congregazione delle Suore canossiane. Divenuta così, proprio tramite
tutte dolorose vicende, finalmente “libera figlia di Dio”, non solo non
conservò rancore nel suo cuore di donna violata, ma desiderò porsi al servizio
dei piccoli e delle altre ragazze segnate in vario modo dalla stessa tragica
violenza maschile. Testimone di speranza, dentro uno dei drammi più tragici del
nostro tempo, la tratta delle donne, che grida al cospetto di Dio.
Una figura femminile che mi fa tornare
alla mente un ricordo particolare della mia infanzia, poiché a guidare con mano
materna e tenera l’asilo del nostro paese di Denno erano appunto le suore
canossiane, di cui conservo memoria gratissima. Soprattutto di una suora, Madre
Albina, che aveva appunto lo stesso nome di mia mamma. Le sono sempre stato
vicino, con visite frequenti anche in età avanzata, in quel di Verona. Ebbene,
si racconta che un giorno quella giovane suora africana fu mandata un periodo
proprio in aiuto all’asilo di Denno. Siamo negli anni trenta. Immaginate lo
stupore, non solo dei bambini, davanti a questa figura femminile di colore e di
bellezza nera. Mai si era vista in paese una donna africana. Per questo, si
narra che i piccoli le andavano vicino a strofinarle con delicatezza la mano,
per accertarsi cioè se quel nero non fosse colore di fumo, appiccicato dal
tempo!
Ma al di là della simpatica scenetta,
che fa sorridere con tenerezza, possiamo veramente dire che quella donna,
segnata dalla violenza maschile, oggi si fa segno di un riscatto che la nostra
società deve con decisione porre come uno degli obiettivi più tenaci, per un
cammino di liberazione sociale molto più
vasto. Lei è testimone esemplare di speranza, per le numerose vittime, contro
questa piaga nel corpo dell’umanità contemporanea, piaga atroce nella carne del
Cristo!
Quante le rose tranciate nel giardino
della bellezza da mani crudeli! Non è più tollerabile che la donna sia resa
schiava della prostituzione, piagata di maltrattamenti da gente traviata, che
sicuramente davanti al giudizio di Dio non avrà scampo, né scuse né vie
d’uscita, finché non si rimedierà al male imposto! Poiché la donna è stata
voluta dal Creatore, più di ogni altra cosa, per completare il capolavoro di
tutto l’universo e soprattutto per dare “dimora sicura” alla vita stessa. Lei
occupa un posto unico nel Suo cuore.
Finché però l’uomo non prende
coscienza di questo, continuerà a sciupare questo dono di nome “donna”! Con la
donna accanto è stata possibile la nascita dell’umanità, la prosecuzione
straordinaria del genere umano. Senza la donna non c’è vita! Senza la donna
neanche l’uomo esisterebbe più! Ecco perché va difesa come la propria vita!
Perché in ogni donna c’è racchiuso il “si” al futuro, al flusso della
continuità. E’ lei lo scrigno di Dio, in cui Egli ha riposto i segreti della
Sua dolcezza, l’evento perenne della Sua tenerezza. Per capire come Dio ama,
occorre allora contemplare la donna, il suo modo di far conoscere l’amore, come
ragione fondamentale dell’alleanza divina. Dio infatti, il sesto giorno, ha
compiuto la donna nel silenzio tipico di chi ama e vuole donare qualcosa di
speciale, “dono per l’uomo”, regalo che
Dio ha fatto personalmente all’uomo perché lui non sentisse il morso della
solitudine, il tedio del vuoto. La costola con cui Dio la plasmò, divenne così
la casa per l’uomo! Rispettata e custodita, con amore verginale!».
L’Addetto Stampa
Rita D’Addona
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