lunedì 15 giugno 2015

"Chi non capisce che c'è un'aggressione contro la famiglia."

Chi non capisce che c'è un'aggressione contro la famiglia.
di Riccardo Cascioli
Sia chiaro, andare sabato 20 giugno a Roma per la manifestazione per la famiglia non è un dogma di fede né da questo gesto ci si deve aspettare la salvezza. Ma è una possibilità che è data al nostro popolo per testimoniare l’esistenza e la bellezza della famiglia naturale mentre ci sono potenti forze politiche e culturali che vorrebbero eliminarla. Per questo abbiamo invocato da molti mesi un’occasione del genere, ringraziamo quanti si sono mobilitati perché si potesse realizzare (pur tra mille ostacoli non escluso il fuoco amico), sosteniamo con convinzione la partecipazione.
Nello stesso tempo rispettiamo quanti decidono altrimenti,
 anche se non possiamo restare indifferenti alle motivazioni che vengono addotte e sulle quali è anche importante confrontarsi. C’è chi, ad esempio, come il Forum delle Associazioni Familiari, pur condividendo gli obiettivi e guardando con simpatia all’iniziativa, parla di «scelte strategiche differenti». Certo, se queste strategie fossero anche esplicitate aiuterebbe tutti a partecipare, invece che lasciare la sensazione di un «vorrei ma non posso» che risente delle divisioni nell’episcopato italiano che pilota il Forum.
E a proposito di episcopato italiano,
 in diversi si fanno scudo delle parole del segretario della Conferenza episcopale (Cei), monsignor Nunzio Galantino, che in un’intervista al Corriere della Sera (25 maggio) ha invocato il dialogo e condannato il muro contro muro. Pur tralasciando il fatto che quello di segretario generale della Cei è un ruolo esecutivo che non prevede iniziative di indirizzo “politico”, è interessante riprendere alcuni passaggi del suo intervento, perché sono rivelatori di una certa impostazione. Dice dunque monsignor Galantino: 
«Il problema è la ricerca della verità su ciò che riguarda l’uomo.
 Un cristiano che si mette “contro” qualcuno o qualcosa già sbaglia il passo. Io sogno il momento in cui tutto ciò che riguarda la persona, sia come singolo sia come realtà sociale, venga affrontato al netto di ogni ideologia, interesse, colore partitico. Ci vuole la serenità del confronto, mettere da parte le passioni eccessive per fare il bene di tutti. E se questo non lo favorisce uno Stato, un governo, chi altri deve farlo? Io chiedo ci sia un tavolo nel quale incontrare e non scontrarsi... Non si tratta di fare a chi grida di più, i “pasdaran” delle due parti si escludono da sé. Ci vuole un confronto tra gente che vuole bene a tutti».
Si tratta di affermazioni che suonano bene,
 ma in realtà a un esame più attento rivelano tutt’altro. Anzitutto perché saltano il dato fondamentale, cioè la realtà su cui ancora ieri è tornato papa Francesco: è in atto una vera e propria aggressione, “colonizzazione ideologica” la chiama il Papa, che ha preso di mira soprattutto la scuola fin dalla materna e sta distruggendo la società. E ci sono tre leggi che il Parlamento si appresta a varare che imporranno il matrimonio omosessuale (con annessa adozione), l’insegnamento dell’ideologia di genere nelle scuole, l’impossibilità di anche solo affermare che l’unica famiglia è quella naturale, fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Questa è la realtà: ci sono degli aggressori, e c’è un popolo che è aggredito. È da questo dato che si deve partire.
Sentite bene le parole che il Papa ha pronunciato ieri:
 «I nostri ragazzi, ragazzini, che incominciano a sentire queste idee strane, queste colonizzazioni ideologiche che avvelenano l’anima e la famiglia: si deve agire contro questo». 
«Si deve agire contro questo», ha detto il Papa.
 Contro l’ideologia del gender, se non fosse chiaro. Bisogna agire. Ma per monsignor Galantino «un cristiano che si mette contro qualcosa già sbaglia il passo» e impone ad associazioni e movimenti che è in grado di ricattare a starsene fermi. Stai a vedere allora che per il segretario della Cei anche il Papa non parla da cristiano. Ma forse neanche Gesù, visto che spesso e volentieri si scontrava con scribi e farisei, parlava “contro” di loro. Perché se uno è per qualcosa o qualcuno necessariamente la difenderà in caso di attacco o aggressione.
È proprio perché siamo per la famiglia e per la difesa dei figli
 che ci mobilitiamo contro l’aggressore, che nella fattispecie assume le sembianze di alcuni progetti di legge. Forse che il Family Day del 2007 non fu convocato per fermare i Di.Co. di Bindiana memoria? C’è la casa che brucia ma mons. Galantino e chi gli va dietro invece di darsi da fare con i secchi pretendono che si convochi il tavolo con la Protezione civile, il Consiglio di circoscrizione e magari l’assemblea di condominio per parlare del valore del fuoco.
E poi il tavolo intorno a cui incontrarsi per ricercare la verità sull’uomo.
 Un campo neutro dove si dovrebbe accedere spogliandosi delle proprie ideologie, interessi, appartenenze varie e anche delle passioni eccessive. Ovviamente escludendo i pasdaran, quelli che quando si parla del senso della vita e del futuro dei propri figli non riescono proprio – chissà perché – a parlare con distacco. Sorge spontanea una domanda: chi sarebbero gli interlocutori che monsignor Galantino immagina, con cui intavolare una bella tavola rotonda sulla verità dell’uomo?  Renzi che ha detto che con le unioni civili dobbiamo fare in fretta per stare al passo con l’Europa dei diritti civili? Scalfarotto che vorrebbe chiudere la bocca a tutti quelli che non gridano “gay è bello”? L’Arcigay che si batte per impedire a qualche centinaio di persone di trovarsi in piazza a leggere silenziosamente un libro per un’ora? Insomma, chi sarebbero nella situazione attuale gli invitati alla tavola di Galantino e soci? O meglio, con chi stanno già dialogando al punto che una manifestazione festosa per testimoniare la bellezza della famiglia rovinerebbe questo clima idilliaco di incontro?
In ogni caso se mai questo tavolo si dovesse fare
 dico fin da subito che non mi sento rappresentato da monsignor Galantino, che va in tv a sostenere il dovere dello Stato a regolare le convivenze omosessuali (ma ovviamente la famiglia è un’altra cosa). È anche il contrario di quel che i vescovi italiani hanno messo nero su bianco nel 2007:

«…Riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo. Quale che sia l’intenzione di chi propone questa scelta, l’effetto sarebbe inevitabilmente deleterio per la famiglia.
… Un problema ancor più grave sarebbe rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perché, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile».
Anche il direttore di Avvenire, il quotidiano della Cei,
 sta sostenendo con forza soluzioni in evidente contrasto con le indicazioni dei vescovi del 2007, mai ufficialmente sconfessate e comunque in sintonia con il Magistero. Per Marco Tarquinio non sarebbe giusto riconoscere le convivenze eterosessuali (perché se vogliono hanno già il matrimonio) ma sarebbe invece utile regolare quelle omosessuali, anche «per aumentare il tasso di solidarietà» (clicca qui)
Questi signori parlano come se di convivenze e unioni civili
 si cominciasse a dibattere oggi per la prima volta e spettasse a loro trovare la soluzione più intelligente. Ma visto che, violenti o nolenti, questi signori rappresentano la Chiesa italiana, quando contraddicono così palesemente ciò che è già stato stabilito e risolto dovrebbero almeno avvertire il pubblico che li ascolta, per quanto poco esso sia. Almeno un po’ di onestà.




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