mercoledì 3 dicembre 2014

Meditazione per l'Avvento: "Maria, Donna dell'attesa" - Tonino Bello

Maria, Donna dell'attesa


 
La vera  tristezza non è quando, la sera, non sei atteso da nessuno al tuo rientro in casa, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita.
E la solitudine più nera, la soffri non quando trovi il focolare spento, ma quando non lo vuoi accendere più. Quando pensi, insomma, che per te la  musica è finita. E ormai i giochi siano fatti.
La vita allora scorre piatta verso un epilogo che non arriva mai, come un nastro magnetico che ha finito troppo presto una canzone, e si srotola interminabile, senza dire più nulla, verso il suo ultimo stacco.
Attendere: ovvero sprimentare il gusto di vivere. Hanno detto addirittura che la santità di una persona si commisura dallo spessore delle sue attese. Forse è vero.

Se è così, bisogna concludere che Maria è la più santa delle creature proprio perché tutta la sua vita appare cadenzata dai ritmi gaudiosi di chi aspetta qualcuno.
Già il contrassegno iniziale con cui il pennello di Luca la identifica, è carico di attese: “Promessa sposa di un uomo della casa di Davide”.  
Fidanzata, cioè.
 

A nessuno sfugge a quale messe di speranze e di batticuori faccia allusione quella parola che ogni donna sperimenta come preludio di misteriose tenerezze.
Prima ancora che nel Vangelo venga pronunziato il suo nome, di Maria si dice che era fidanzata.
Vergine in attesa.
In attesa di Giuseppe. 

In ascolto del frusciare dei suoi sandali, sul far della sera, quando, profumato di legni e di vernici egli sarebbe venuto a parlare dei suoi sogni. 
Ma anche nell’ultimo fotogramma con cui Maria, si congeda dalla Scrittura essa viene colta nell’atteggiamento dell’attesa. 
Lì, nel Cenacolo, al piano superiore, in compagnia dei discepoli, in attesa dello Spirito.


Vergine in attesa, all’inizio.
Madre, in attesa, alla fine.

E nell’arcata sorretta da queste due trepidazioni, una così umana e l’altra così divina, cento altre attese struggenti.
L’attesa di  Lui, per nove lunghissimi mesi.
L’attesa del giorno, l’unico che lei avrebbe voluto  di volta in volta rimandare, in cui suo figlio sarebbe uscito di casa senza farvi ritorno mai più.
L’attesa dell’ ”ora”; l’unica per la quale non avrebbe saputo frenare l’impazienza e di cui, prima del tempo, avrebbe fatto traboccare il carico di grazia sulla mensa degli uomini.
L’attesa dell’ultimo rantolo dell’ Unigenito inchiodato sul legno.
L’attesa del terzo giorno, vissuta in veglia solitaria davanti alla roccia.

Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito.
 

Santa Maria, Vergine dell’attesa, donaci del tuo olio perché le nostre lampade si spengono.
Vedi: le riserve si sono consumate.
Non ci mandare ad altri venditori. Riaccendi nelle nostre anime gli antichi fervori che ci bruciavano dentro, quando bastava un nonnulla per farci trasalire di gioia: l'arrivo di un amico lontano, il rosso di sera dopo un temporale, il crepitare del ceppo che d'inverno sorvegliava i rientri in casa, le campane a stormo nei giorni di festa, il sopraggiungere delle rondini in primavera, l'acre odore che si sprigionava dalla stretta dei frantoi, le cantilene autunnali che giungevano dai palmenti, l'incurvarsi tenero e misterioso del grembo materno, il profumo di spigo che irrompeva quando si preparava una culla.  
Se oggi non sappiamo attendere più, è perchè siamo a corto di speranza. Se ne sono disseccate le sorgenti. Soffriamo una profonda crisi di desiderio. E, ormai paghi dei mille surrogati che ci assediano, rischiamo di non aspettarci più nulla, neppure da quelle promesse ultraterrene che sono state firmate col sangue dal Dio dell'alleanza.

Santa Maria,Vergine dell’attesa, donaci un anima vigiliare.Giunti alle soglie del terzo millennio, ci sentiamo purtoppo più figli del crepuscolo che profeti dell'avvento.
Sentinella del mattino, ridestaci nel cuore la passione di giovani annunci da portare al mondo, che si sente già vecchio. Portaci finalmente arpa e cetra, perché con te mattiniera possiamo svegliare l’aurora.
Di fronte ai cambi che scuotono la storia, donaci di sentire sulla pelle i brividi dei cominciamenti. Facci capire che non basta accogliere: bisogna attendere. 
Accogliere talvolta è segno di rassegnazione. 
Attendere è sempre segno di speranza.
Rendici, perciò, ministri dell’attesa.

E il Signore che viene, Vergine dell’avvento, ci sorprenda, anche per la tua materna complicità, con la lampada in mano.
 

+ Tonino Bello
(18/03/1935 - 20/04/1993)


Fonte: Tonino Bello, Donna dei nostri giorni -

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