martedì 7 giugno 2011

In campo per giocare la partita educativa

«Rispetto agli spazi esistenti e ai tempi tradizionali dell’azione educativa, i nuovi luoghi educativi devono essere competitivi soprattutto con i solerti mercanti del nulla del tempo libero, tutti protesi a magnificare i loro prodotti; venditori di fumo, propagandisti, pronti a ogni genere di risposta prefabbricata e poco attenti ai bisogni interiori delle persone. È in atto una forte destrutturazione dei luoghi di vita dei giovani. È importante che gli educatori che animano questi spazi siano all’interno di essi capaci di offrire ragioni di vita e di speranza, farsi punti di riferimento». È questo solo uno dei molteplici e significativi passaggi del capitolo dedicato allo Sport contenuto nel documento “La sfida educativa - Rapporto-proposta sull’educazione” pubblicato nel 2009 a cura del Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana, con il quale la Chiesa ha ribadito la sua attenzione per lo sport, riconoscendo allo stesso, con pari dignità rispetto ad altri ambiti, valenze educative, spirituali, formative e culturali, capaci di accompagnare e sostenere l’impegno e gli sforzi del mondo degli adulti e dei genitori in particolare.
Proprio sull’aspetto dei luoghi educativi, nell’ambito del rapporto tra giovani e sport, si è tornato a riflettere lo scorso 7 maggio 2011 in occasione di un incontro organizzato presso il Centro Congressi CEI di Roma, al quale hanno preso parte due degli allenatori della Polisportiva Chaminade.



La caratteristica che salta subito agli occhi è la denominazione di Cantiere di Orientamento Pastorale data a questo appuntamento della Chiesa Italiana, proprio per dare l’idea dei lavori in corso, di un progetto al quale si sta lavorando con impegno e che necessita del contributo di tutti per dare vita ad una grande opera.
La giornata romana ha avuto come momento centrale la relazione, originale e stimolante, che il prof. Sergio Belardinelli, ordinario di Sociologia dei processi culturali all’Università di Bologna, ha sviluppato sul tema proposto; le sue risposte alle domande dei partecipanti e gli ulteriori approfondimenti hanno completato il quadro di una situazione di catastrofe educativa, che lo sport è chiamato ad affrontare puntando sui suoi “valori interni”, sulla proprie potenzialità intrinseche, per trasformare i luoghi in cui i giovani praticano l’attività sportiva in autentici luoghi educativi.
Si ritorna a casa rinfrancati dal fatto di aver sperimentato la vivacità e la passione della Chiesa per il mondo sportivo e di aver avuto la possibilità di condividere e confrontare le esperienze e le difficoltà di persone con diversa provenienza.
Gli stimoli e le indicazioni che nascono dall’aver vissuto tale incontro nazionale rafforzano, ancora di più, le motivazioni per cui a Campobasso, ai bordi di un campetto della sonnolenta periferia, nella parrocchia Mater Ecclesiae, nonostante l’indifferenza di molti, continua a pulsare forte il cuore di un’associazione sportiva, fatta di uomini – dirigenti, allenatori, atleti – che, del beato fondatore della Famiglia Marianista, Guglielmo Giuseppe Chaminade, non solo portano il nome sulle maglie e sui campi di gioco del Molise e dintorni, ma soprattutto anelano a diventare testimoni “grintosi” in parole e opere nei luoghi dello sport e non solo, quasi come ideali prosecutori del suo grande insegnamento.
In questo anno speciale, in cui si celebra il 250° anniversario della nascita del “rivoluzionario” sacerdote francese, noi della Chaminade, riconoscenti per il dono della sua vita spesa al servizio degli altri, dei giovani in particolare, affermiamo, nuovamente e con forza, la necessità di scendere in campo, nell’ambiente in cui viviamo, per giocare una partita impegnativa, quella educativa dello sport: un prezioso assist ci è fornito dalla campagna di sensibilizzazione lanciata al riguardo dai Salesiani, attraverso una serie di iniziative significative.
Per questa difficile ma affascinante sfida, siamo “con-vocati”, ossia chiamati insieme ai genitori dei bambini e dei ragazzi che giocano nelle nostre squadre, perché, lo sport ce lo insegna, si vince insieme. In forza di questa prioritaria alleanza educativa, il genitore svestirà i panni del tifoso o del tassinaro, per tornare a ricoprire il ruolo di vero protagonista dei processi educativi; il genitore scende in campo accanto al figlio, senza perdere i suoi diritti e i suoi doveri nel momento in cui il figlio stesso entra nello spogliatoio. Certamente riconosce e rispetta le regole e i ruoli del gioco perché sta la suo posto: quello di genitore appunto.
Cosa serve per giocare questa partita? Sicuramente spirito di iniziativa, fantasia e collaborazione, che sono gli ingredienti giusti per dare vita a concrete esperienze educative, che vadano oltre il mero evento sportivo. Partecipare ad un momento di formazione, organizzare una gita fuori porta, assistere ad una partita di alto livello, sono solo alcuni esempi banali di come possano nascere occasioni di incontro e di comunione.
In questa partita non c’è vittoria, perché non si gareggia con altri, non si gioca per soldi, per coppe o medaglie. È innanzitutto una sfida con se stessi, per provare a diffondere una nuova cultura sportiva.
Nel segno duraturo tracciato dal Fondatore, del quale risuona ancora oggi l’invito ad essere educatori e missionari, e nell’ambito del decennio in cui la Chiesa Italiana rivolge la sua attenzione alla valorizzazione di tutti gli strumenti utili per “Educare alla vita buona del Vangelo”, vogliamo giocare questa partita educativa con passione: non si può entrare in campo demotivati o già sconfitti; ma, nell’educazione come nello sport, c’è bisogno di entusiasmo, dedizione, tenacia e spirito di sacrificio. E allora, ripetendoci le parole di una nota canzone «Andate per le strade in tutto il mondo, chiamate i miei amici per far festa…», che sono un po’ l’essenza della novità dell’annuncio cristiano, in bocca al lupo Chaminade!!!

Paolo Pizzuto


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