Il movimento invita tutti i suoi aderenti a partecipare alle messe secondo le intenzioni di Benedetto XVI, che il giorno dopo il gravissimo attentato nella cattedrale siro-cattolica di Bagdad che ha causato decine di morti e feriti, ha detto: «Prego per le vittime di questa assurda violenza, tanto più feroce in quanto ha colpito persone inermi, raccolte nella casa di Dio, che è casa di amore e di riconciliazione. Esprimo inoltre la mia affettuosa vicinanza alla comunità cristiana, nuovamente colpita, e incoraggio pastori e fedeli tutti ad essere forti e saldi nella speranza. Davanti agli efferati episodi di violenza, che continuano a dilaniare le popolazioni del Medio Oriente, vorrei infine rinnovare il mio accorato appello per la pace: essa è dono di Dio, ma è anche il risultato degli sforzi degli uomini di buona volontà, delle istituzioni nazionali e internazionali. Tutti uniscano le loro forze affinché termini ogni violenza!» (Angelus, 1° novembre 2010).
Rivolgendosi a tutti gli aderenti a Comunione e Liberazione, don Julián Carrón ha detto che «la partecipazione alle messe domenicali secondo le intenzioni del Papa e dei Vescovi è un gesto di comunione reale e di carità perché sentiamo come nostri amici i cristiani dell’Iraq, anche se non li conosciamo direttamente».
Come dice don Giussani, «se il sacrificio è accettare le circostanze della vita, come accadono, perché ci rendono corrispondenti, partecipi della morte di Cristo, allora il sacrificio diventa la chiave di volta di tutta la vita […], ma anche la chiave di volta per capire tutta la storia dell’uomo. Tutta la storia dell’uomo dipende da quell’uomo morto in croce, e io posso influire sulla storia dell’uomo − posso influire sulla gente che vive in Giappone adesso, sulla gente che sta in pericolo sul mare adesso; posso intervenire ad aiutare il dolore delle donne che perdono i figli adesso, in questo momento −, se accetto il sacrificio che questo momento mi impone» (L. Giussani, Si può vivere così?, Rizzoli, pp. 389−390).
Per questa ragione, ha aggiunto Carrón, «se un gesto di preghiera può influire sul cambiamento della gente in Giappone, può cambiare qualcosa anche in Iraq. Il sacrificio che facciamo per i cristiani iracheni e la preghiera di domenica siano un gesto con cui invochiamo, imploriamo da Dio la protezione per loro».
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Per questa ragione, ha aggiunto Carrón, «se un gesto di preghiera può influire sul cambiamento della gente in Giappone, può cambiare qualcosa anche in Iraq. Il sacrificio che facciamo per i cristiani iracheni e la preghiera di domenica siano un gesto con cui invochiamo, imploriamo da Dio la protezione per loro».
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