Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di un membro del Movimento dei Focolari impegnata con la Caritas nel sostegno alle popolazioni colpite dal terremoto in Abruzzo.
"Questa mattina io e Chiara siamo andate in uno degli hotel di Pescara dove sapevamo che erano arrivati delle persone terremotate dall'Aquila. Prima di entrare ci siamo dette di volerci amare reciprocamente, perché volevamo portare a queste persone solo il Suo Amore .
Io mi presento alla hall, mentre Chiara si avvicina subito ad una signora anziana, seduta su un divanetto, sola e triste. Comincia a parlarle, le chiede come sta, come stanno i suoi familiari... mi avvicino anch'io. Ci racconta con le lacrime agli occhi - bellissimi occhi azzurri - di quella notte tremenda. La casa è distrutta, come quella dei suoi familiari. È lì con una figlia, nipoti e pronipoti, tutti miracolosamente salvi. Suo marito è ricoverato all'ospedale, lo era anche all'Aquila. Ci chiede chi siamo e chi ci manda: rispondiamo che collaboriamo con la Caritas. Lei si illumina e dice: “La caritas, la caritas! Avevo una vicina di casa che mi chiedeva i soldi per la Caritas e io ne davo sempre tanti, tanti, e ora guarda un po', è proprio la Caritas che viene da me!” Noi le diciamo che le sta tornando tutto quello che ha dato.
Diamo la nostra piena disponibilità al maitre dell'albergo che ci chiede di fermarci subito per servire a tavola: molti del personale sono in malattia. Mentre aspettiamo di iniziare arrivano altri volontari, così riusciamo anche ad organizzare meglio un punto di distribuzione di beni di prima necessità già allestito in una stanza dell'albergo. Cerchiamo di conoscerci subito anche con loro, cercando di instaurare un clima di viva cordialità. L'intesa e la collaborazione scatta immediata. Cominciano ad arrivare le persone alloggiate: prima sguardi smarriti e quasi timorosi di chiedere quello di cui avevano bisogno; li salutiamo calorosamente dando un benvenuto nella nostra città e mettendoci a loro disposizione. Li aiutiamo a cercare le cose di cui hanno bisogno: di Provvidenza ne è arrivata tanta, ma mancano anche molte cose. Facciamo la spola con la Caritas dove ci sono molti capi di abbigliamento, ma non troviamo tutto quello che serve. Iniziamo a scrivere una lunga lista di tutto ciò che occorre. Le persone cominciano a sciogliersi e iniziano a raccontare. Le storie sono esattamente quella che abbiamo sentito dalla tivù, ma sentirle dalla loro viva voce ci fa rabbrividire. Hanno la voce che trema quando raccontano e le lacrime agli occhi. Ma il loro dolore è molto composto, dignitoso, di gente che ben conosce i valori veri della vita. Non traspare la disperazione, almeno a noi sembra di non coglierla, ma questo non diminuisce la ferita profonda che portano dentro. Che lezione di dignità!
Molte persone si alternano in questa stanza, ma tutti, uscendo, ci ringraziano più volte. I loro ringraziamenti ci colpiscono e ci commuovono profondamente. Una signora arriva e ci chiede dei calzini: gliene diamo tre, ma lei ne prende solo un paio, dicendo di lasciarli a chi ne ha più bisogno. Siamo senza parole. Ne arriva un'altra e si ripete la stessa scena: “Verrò domani e prenderne degli altri, per ora bastano questi; dateli a chi può averne bisogno questa sera”. Questi nostri fratelli ce l'hanno nel sangue la vera solidarietà!
Alcune signore anziane si fermano con noi e iniziano a raccontarci dei loro figli, dei loro parenti, degli amici, dei morti... li ascoltiamo con l'anima “in ginocchio”, quasi come davanti ad un tabernacolo: è questo il nostro Gesù di questa settimana santa: lo abbracciamo e lo sentiamo particolarmente “nostro”. Le nonnine se ne vanno con un sorriso, ringraziandoci a non finire.
Gli uomini “più maturi” mi hanno impressionato molto: nei loro racconti non c'è mai stata una parola di rabbia o di recriminazione su quanto era successo! Continuavano a dire di aver sempre incontrato persone molto gentili e disponibili come mai si sarebbero immaginate.
Sono bocconi amari da digerire, ma non c'è tempo per pensare: arriva una giovane mamma con un bimbo di due anni e una bimba in ospedale, nata prematura: pesa un chilo. Ha paura e stanchezza negli occhi: ha passato momenti indicibili. Dopo la forte scossa si è precipitata in ospedale, ma la bimba non c'era più: era già stata trasportata in elicottero a Pescara, nell'incubatrice, ma lei lo scopre qualche ora più tardi. E' qui a Pescara, ma suo marito, muratore, non ha il permesso dal datore di lavoro per stare con lei: se non lavora non viene pagato. Non ha parenti, nessuno che la può aiutare. Oggi è stata accompagnata da alcune ragazze all'ospedale. Prendo il bambino e lo porto fuori all'aperto a giocare: ha due anni e deve essere costantemente tenuto d'occhio. Davanti all'hotel hanno montato da qualche giorno una bella giostrina: un bellissimo trenino. Compero alcuni biglietti, spiegando al padrone la situazione. Mi fa pagare la metà. Massimo è felicissimo e ci facciamo tanti tanti giri... poi corriamo dietro ai piccioni: io abbraccio questo piccolo e in fondo al cuore vorrei abbracciare “idealmente” tutta questa gente che soffre, che piange...
Intanto è già arrivata Rosalinda con Anna e insieme vanno a comperare le cose che le persone hanno chiesto. Anna, pur non stando bene di salute va anche in ospedale per dare da mangiare ai malati che si trovano là. Io e Rosalinda,insieme ad altre volontarie, giovanissime, continuiamo a ordinare la provvidenza che continua ad arrivare e ad ascoltare le persone, che arrivano ad ogni ora, direttamente dall'Aquila. Si ripete puntualmente la stessa discrezione nel chiedere il necessario. Tutti si sentono davanti all'essenziale della vita e ripetono senza saperlo l'esperienza di Chiara, quando anche lei si chiedeva se c'era qualcosa che nessuna bomba - o terremoto, possiamo dire noi ora - potesse distruggere. Molti si davano la risposta da soli. Solo la fede aiuta a sperare e a ricominciare. Una giovane signora ci dice di aver scoperto la gratitudine per ogni piccola comodità: potersi lavare, avere un letto, un pettine...
Ad una nonnina manca la protesi dentale e mangia brodini da tre giorni. Ci attiviamo tutti nel cercare una soluzione. Lì sono arrivati alcuni studenti della facoltà di medicina di Chieti, che si mettono subito in contatto con degli amici: domani la nonnina andrà dal dentista. Arriva un signore che ci aveva chiesto delle camicie: erano arrivate ma erano anche già state date...non abbiamo il tempo di preoccuparci che arriva una signora con una busta piena non solo di camicie (molto belle, del marito morto qualche mese fa) ma di altri indumenti che ci avevano proprio richiesto.
Domani verranno dimessi due bimbi appena nati e non abbiamo nulla per loro. Non passa tempo che arriva un’infermiera con pannolini e vestitini per neonati, chiedendoci se ne abbiamo bisogno. Siamo senza parole di fronte alla tempestività della provvidenza... il caso si ripete più volte.
Andando via, questa sera, una delle volontarie diceva: “È come se ci conoscessimo da sempre”. È stato proprio così. Questo continuo essere fuori di noi ci ha fatti sentire una famiglia. Ci siamo scambiati i cellulari per coordinarci anche non essendo sul posto. Ci siamo detti reciprocamente un “grazie” che voleva forse esprimere la nostra gratitudine a questa grande lezione di dignità e umanità.
Continuiamo a lavorare e amare questa gente, sicuri che l'Amore di Dio non li abbandonerà mai."
Luisa
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